Benito Mussolini
Nasce nel 1883 vicino Forlì, figlio di Alessandro, fabbro, socialista più volte processato, e Rosa Maltoni maestra elementare.M. studio prima al collegio salesiano, poi nel collegio Carducci di Forlimpopoli. Nel 1900 si iscrisse al partito socialista, si diploma maestro l'anno dopo. Nel 1902 andò in Svizzera per sottrarsi al servizio militare, rientrò in Italia nel 1904 grazie all'amnistia , fece il bersagliere a Verona. La sua attività giornalistica anticlericale lo portò a Trento a dirigere "L'avvenire del lavoratore", ma venne espulso, quindi torno a Forlì nel 1909 dove conobbe Rachele Guidi che poi sposo nel 1915, venne condannato per la propaganda contro la guerra Libica a 5 mesi di carcere.Divenne direttore dell'Avanti ! quindi si trasferì a Milano. Con lo scoppio della Grande Guerra M. cambiò radicalmente idea sulla doveri dell'Italia, pensava dovesse entrare nel conflitto, ovviamente il cambiamento non fu gradito al Psi che lo espulse dal partito e ovviamente dal giornale, allora fondò il Popolo d'Italia nel novembre del 1914. Venne richiamato alle armi nel 1915 due anni più tardi venne ferito in un esercitazione, una volta guarito tornò alla direzione del giornale.
Nel dopoguerra fondò il movimento fascista (23 marzo 1919), nel 1922 dopo la marcia di Roma il Re lo incaricò di formare il nuovo governo, nel 1924 consolidò il suo potere grazie anche al risultato delle elezioni. M. dopo l'assassinio di Matteotti che aveva denunciato irregolarità nelle elezioni, entro in crisi ma i partiti antifascisti non ne approfittarono, M. ne uscì con un atto di forza. Col discorso alla camera (3 gennaio 1925) e le misure adottate di seguito (le leggi fascistissime) sconvolsero la struttura liberale dello stato italiano. Nacque il culto del Duce. Concluse con la Chiesa un accordo, con i Patti Lateranensi (la Chiesa riconobbe lo stato italiano e la sua capitale che a sua volta riconosceva lo stato della Città del Vaticano, inoltre l'Italia si impegnava a pagare una forte indennità per ripagare il Papa della perdita dello Stato Pontificio, inoltre fu ideato un concordato che intaccava il carattere laico stato), la politica interna fu conservatrice. La politica estera faceva perno sulle rivendicazioni nazionalistiche, tentò di essere al centro delle vicende internazionali, a volte con successo, come durante il tentativo di annessione tedesco dell'Austria, e quando promosse il convegno di Stresa con l'Inghilterra e la Francia dove sembrava essere nato un fronte antitedesco, ma le cose cominciarono a cambiare quando conquistò l'Etiopia, cosa che gli mise contro gli inglesi e gli fece sprecare grandi quantità di entrate dello stato, inoltre fece combattere alcuni reparti dell'esercito a fianco di truppe dell'esercito tedesco nella rivoluzione spagnola, permise senza opporsi l'Anschluss e la persecuzione ebraica, il suo destino si legava sempre più a quello di Hitler.
Nel 1939 scoppiò la guerra, M. nonostante i venti anni avuti a disposizione e a dispetto dei suoi stessi discorsi non aveva preparato militarmente l'Italia ad una guerra, infatti cercò di non entrare subito nel conflitto, dichiarò la "non belligeranza", si decise solo quando la vittoria tedesca sembrava a portata di mano, ovviamente non fu così e il fallimento prima della guerra parallela (intendeva combattere contro l'Inghilterra impegnadola in fronti diversi da quelle tedeschi), poi anche di quella a fianco della Germania, oltre allo sbarco alleato effetuato in Sicilia il 10 luglio, diedero il pretesto al Gran Consiglio del Fascismo di approvare un ordine del giorno contro di lui era il 24 luglio del 1943 . Poche ore dopo il Re ne approfitto per riprendere il potere, lo fece arrestare, fu portato prima a Ponza poi alla Maddalena infine al Gran Sasso, dove venne liberato e portato in Germania dai paracadutisti tedeschi, pochi giorni dopo l'armistizio del governo italiano (8 settembre 1943).M. ritorno in nord Italia per fondare la Repubblica Sociale Italiana (o Repubblica di Salò) che cercava di far rivivere il mito fascista ma ormai era tardi e anche la Germania dava segni di cedimento. Negli ultimi mesi di guerra lo si vide raramente in pubblico, una volta crollata la linea gotica penso' a rifugiarsi a Milano tentando di venire patti col Comitato di Liberazione Nazionale, temendo la cattura fuggì verso Como per poi andare in Svizzera, nonostante fosse vestito da soldato in una colonna di tedeschi in ritirata venne riconosciuto ad posto di blocco partigiano che dopo un sommario processo venne fucilato (28 aprile 1945), il suo corpo venne esposto in piazza a Milano assieme alla compagna e alcuni gerarchi fascisti, poi dopo numerose traversie venne sepolto a Predappio.
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Maresc.Pietro Badoglio
Nacque a Grazzano Monferrato, oggi Grazzano Badoglio, il 28 settembre 1871 da una famiglia di agricoltori. Entrato all’Accademia Militare di Torino, fu promosso Sottotenente di artiglieria il 16 novembre 1890 e Tenente il 7 agosto 1892. Trasferito al 19° da campagna a Firenze, vi rimase fino al febbraio 1896, quando fu inviato in Eritrea con la spedizione del generale Baldissera. Partecipò alla puntata su Adigrat per liberare dall’assedio il Maggiore Prestinari e poi, terminate le ostilità con l’Etiopia, rimase per circa due anni in guarnigione sull’altopiano, ad Adi Caieh. Rimpatriato alla fine del 1898, frequentò la Scuola di Guerra, distinguendosi per l’equilibrata intelligenza e la grande tenacia posta nello studio. Promosso Capitano il 13 luglio 1903, fu trasferito al 12° da campagna di stanza a Capua. Successivamente fu assegnato al comando del corpo d’armata di Bari ed al comando del corpo di Stato Maggiore, all’ufficio regolamenti. Una carriera fino a quel momento regolare, accelerata dalla guerra di Libia, alla quale Badoglio partecipò fin dall’inizio. Fu, infatti, decorato al v.m. per aver organizzato l’azione di Ain Zara e promosso Maggiore per merito di guerra per aver pianificato l’occupazione dell’oasi di Zanzur. Rimpatriato, fu assegnato al 3° da fortezza di stanza a Roma. Tenente Colonnello il 25 febbraio del 1915 fu assegnato al comando della 2ª Armata. Poco dopo l’inizio della guerra passò al comando della 4ª divisione, il cui settore era dominato dal Sabotino, un monte privo di vegetazione e fortemente fortificato dagli Austriaci, fino ad allora giudicato imprendibile. Badoglio ebbe l’idea di espugnarlo usando il procedimento delle parallele. I lavori per scavare e rafforzare le successive trincee durarono mesi, Badoglio, promosso Colonnello nell’aprile 1916 e divenuto capo di Stato Maggiore del VI Corpo d’Armata, continuò a dirigerli e comandò la brigata che effettuò la conquista del Sabotino il 6 agosto 1916. Promosso Maggior Generale per merito di guerra, continuò nell’incarico di Capo di Stato Maggiore fino al novembre, quando prese il comando della brigata Cuneo. Nel maggio 1917 fu incaricato del comando del II Corpo d’Armata qualche giorno prima dell’inizio della 10ª battaglia dell’Isonzo. Il II Corpo d’Armata conquistò il Vodice e Monte Kuk, posizioni ritenute quasi imprendibili, e naturalmente Badoglio acquistò nuovi meriti, tanto che il comandante della 2ª Armata, Capello, nella successiva 11° battaglia lo destinò al comando del XXVII corpo. Fu promosso Tenente Generale, ancora per merito di guerra. Badoglio continuò a comandare il XXVII corpo e fu proprio nel suo settore che la mattina del 24 ottobre 1917 gli Austro-Tedeschi sfondarono dando inizio alla disfatta di Caporetto. Badoglio fu nominato Sottocapo di Stato Maggiore dell’Esercito unitamente al generale Giardino. Lavoratore instancabile, molto preparato professionalmente, intelligente e volitivo, Badoglio divenne presto il punto di forza del nuovo Comando Supremo e quando, nel febbraio 1918, il generale Giardino fu inviato a Versailles, divenne Sottocapo unico e alter ego di Diaz. Condusse trattative per l’armistizio del 4 novembre 1918 con equilibrio, con fermezza e con signorilità. Il 24 febbraio 1919 Badoglio fu nominato Senatore. Nell’agosto 1919 il Comando Supremo fu sciolto ma Badoglio continuò a ricoprire l’incarico di Sottocapo di Stato Maggiore. Nel settembre il Presidente Nitti lo nominò Commissario straordinario del governo per la Venezia Giulia e lo mandò a Fiume, occupata da Gabriele D’Annunzio con i suoi volontari. Il 2 dicembre Badoglio, promosso Generale d’Esercito e nominato Capo di Stato Maggiore al posto di Diaz, tornò a Roma. Nel febbraio 1921 lasciò l’incarico ed entrò a far parte del Consiglio dell’Esercito. Nel 1923 Mussolini lo mandò in Brasile come ambasciatore, ma già nell’aprile del 1925 fu richiamato a Roma e nominato Capo di Stato Maggiore Generale, incarico allora abbinato a quello di Capo di Stato Maggiore dell’Esercito. Promosso Maresciallo d’Italia nel 1926, dal 1º febbraio 1927 lasciò l’incarico di Capo di Stato Maggiore dell’Esercito al Generale Ferrari. Fu inviato in Libia come Governatore generale nel gennaio del 1929. Un’esperienza pienamente positiva: la colonia fu pacificata ed avviata ad uno sviluppo civile con l’attuazione di un ampio programma di opere pubbliche. Richiamato in Patria alla fine del 1933, nel novembre del 1935 fu inviato in Eritrea quale Comandante supremo. Entrato trionfalmente ad Addis Abeba il 5 maggio 1936 Badoglio rientrò quasi subito in Patria, accolto con grandi onori e con la concessione del titolo di duca di Addis Abeba. Carico di onori e di prebende, Badoglio non ebbe il coraggio di abbandonare l’incarico di Capo di Stato Maggiore Generale quando Mussolini manifestò l’intenzione di entrare in guerra a fianco della Germania. Le prime cocenti sconfitte in Africa Settentrionale ed in Grecia fecero di Badoglio il capro espiatorio. Di fronte alle accuse di incompetenza, mossegli soprattutto dagli ambienti fascisti, dette le dimissioni. Gli eventi successivi fecero sì che Badoglio, avvicinato da alcuni uomini politici antifascisti (Bonomi, Soleri, Orlando) dimostrasse la sua disponibilità ad assumere la Presidenza del Consiglio ed a porre fine alla guerra. Il 25 luglio 1943 Badoglio divenne il Presidente del Consiglio ed in tale veste gestì le fasi dell’armistizio. Abbandonata Roma dopo l’annuncio dell’armistizio, Badoglio si recò a Brindisi con il sovrano e rimase alla Presidenza del Consiglio fino alla liberazione di Roma. L’8 giugno 1944 cedette, infatti, l’incarico ad Ivanoe Bonomi, un politico che era già stato primo ministro dal luglio 1921 al febbraio 1922. Ritiratosi a vita privata, morì a Grazzano il 10 novembre 1956.
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Galeazzo Ciano
Ciano di Cortellazzo, Galeazzo (Livorno 1903 - Verona 1944), diplomatico e politico italiano; genero di Benito Mussolini, fu uno degli uomini più in vista durante il regime fascista. Nel 1925 Ciano intraprese la carriera diplomatica. Dopo il matrimonio con Edda (1930), figlia di Benito Mussolini, ebbe inizio la sua ascesa all'interno della gerarchia fascista, che lo portò a occupare un seggio all'interno del Gran consiglio del fascismo. Dal 1934 al 1935 fu segretario di stato per la Stampa e la propaganda. Prestò servizio nell'aeronautica durante la campagna d'Etiopia (1935) e nel 1936 divenne ministro degli Esteri, carica che mantenne fino al febbraio 1943, quando Mussolini lo sollevò dall'incarico e lo nominò ambasciatore alla Santa Sede. L'anno precedente, infatti, Ciano aveva per la prima volta dato segno, più in privato che ufficialmente e negli angusti limiti consentiti dalla natura del regime, di voler seguire una linea politica indipendente da quella del suocero, dichiarandosi contrario al totale asservimento dell'Italia agli interessi tedeschi. Nella seduta del Gran consiglio del 24 luglio 1943, Ciano fu tra i membri di quell'organismo che votarono l'ordine del giorno Grandi inteso, praticamente, a sfiduciare Mussolini. Caduto il regime, Ciano si rifugiò in Germania; nel 1944 venne arrestato dai tedeschi e consegnato alla Repubblica di Salò. Processato dal tribunale speciale insieme con altri alti gerarchi firmatari dell'ordine del giorno Grandi, fu condannato a morte e giustiziato.
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Rodolfo Graziani
Maresciallo d'Italia, nasce a Filettino, Frosinone, nel 1882 . Prestò dapprima servizio nei reparti coloniali eritrei (1908) e nelle truppe libiche (1913). Partecipò quindi (prima col grado di capitano, poi di maggiore) alla prima guerra mondiale. Divenuto, dopo l'armistizio, colonnello dei reparti coloniali libici, operò alla loro testa nella riconquista della Tripolitania (1922-1923) e poi della Cirenaica (1925-1931). Nominato successivamente generale di brigata, vicegovernatore della Cirenaica, generale di divisione (1930) e generale di corpo d'armata per meriti eccezionali (1932), nel 1935 fu inviato come governatore generale in Somalia. Durante la guerra etiopica ebbe il comando del fronte meridionale e sconfisse gli Abissini a Neghelli e nella battaglia dell'Ogaden; creato maresciallo d'Italia (1936), marchese di Neghelli e viceré d'Etiopia (giugno 1936 - novembre 1937), tornò in Italia nel gennaio 1938, dopo un attentato in cui rimase ferito gravemente. Scoppiato il secondo conflitto mondiale, ebbe nel giugno 1940 il governo della Libia e il comando delle truppe dell'Africa settentrionale; dopo aver compiuto una puntata offensiva su Sidi el- Barrani (settembre 1940), contrattaccato dagli Inglesi dovette ripiegare fino a El-Agheila, e fu perciò sostituito dal generale Gariboldi (febbraio 1941). Ritiratosi a vita privata fino all'armistizio, dopo l'8 settembre 1943 aderì alla Repubblica Sociale, e fu ministro della difesa e capo di SM del governo di Salò. Consegnatosi agli Alleati (1º maggio 1945), condannato da un tribunale italiano a diciannove anni di reclusione come colpevole di collaborazionismo (1948), fu liberato nel 1950, e militò nel movimento sociale italiano (del quale fu presidente onorario), uscendone però nel 1954. Morì a Roma nel 1955.
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Dino Grandi
Politico italiano, nato a Mordano nel 1895, fù tra i fondatori del fascismo e militante nelle azioni squadristiche compiute in Emilia contro uomini e sedi del movimento socialista. Fu sottosegretario agli Interni e agli Esteri (1924-1929), quindi ministro degli Esteri (1929-1932), ambasciatore a Londra fino al 1939 e infine ministro della Giustizia. Esponente moderato del regime, nel 1943 orchestrò la caduta di Mussolini, la cui posizione era indebolita dagli insuccessi militari dell'esercito italiano. Fu Grandi a presentare al Gran Consiglio del fascismo (nella seduta tra il 24 e il 25 luglio) l'ordine del giorno che invitava il re a riprendere pienamente le sue funzioni di capo dell'esercito, di fatto sfiduciando Mussolini: il documento, approvato a maggioranza, offrì a Vittorio Emanuele III l'appoggio politico per far dimettere e arrestare Mussolini. Grandi riuscì a sfuggire alla condanna a morte inflitta ai responsabili della caduta del fascismo dal tribunale di Verona della Repubblica di Salò nel 1944. Morì a Bologna 1988.